Chi pensi di votare alle europee?

mercoledì 13 maggio 2009

In visita al museo della Scienza e della Tecnologia di Milano

Questo video non ha bisogno di commenti....NO AGLI INCENERITORI!!

martedì 12 maggio 2009

Grillo fa la "Pittima" davanti al Parlamento Italiano



Pittima è il termine con cui nell'antichità veniva definita, particolarmente nelle repubbliche marinare di Venezia e Genova, una persona pagata dai creditori per seguire costantemente i propri debitori. Sorta di esattore che aveva come compito quello di ricordare a costoro che dovevano saldare il debito contratto.

La pittima poteva gridare a gran voce per mettere in imbarazzo il debitore, ed il suo costante pedinamento era volto a sfiancarlo così che si decidesse a saldare il debito, la cui riscossione gli poteva fruttare una percentuale più o meno congrua.

In particolare nella Serenissima Repubblica la figura della pittima era reclutata tra gli emarginati e i disagiati che fruivano di una sorta di assistenza sociale del Doge costituita da mense pubbliche ed ostelli a loro riservati. Questi assistiti dovevano però rendersi disponibili a richiesta delle istituzioni per fare la pittima: il debitore pedinato non poteva nuocere a queste figure istituzionali pena la condanna. Il credito doveva essere difeso come il buon nome della maggiore repubblica commerciale dell'epoca.

Pittima è divenuto in seguito sinonimo di persona insistente che si lamenta sempre (ma anche, quindi, in termini speculativi, di percentuale).

In dialetto veneziano, la frase genericamente più utilizzata per definire pittima una persona è: "Ti xe proprio na pittima!" (Sei proprio uno che si lamenta di continuo per nulla), equivalente di "T'ê pròpio 'na pìtima!", in lingua genovese. In dialetto fiorentino invece significa persona insistente, strafottente, sfacciata, impertinente.

Fabrizio De André ha intitolato con questo termine una canzone dell'album Creuza de mä, appunto: A' pittima (La pittima).

Zoo Italia

Con un giorno di ritardo posto l' intervento di Marco Travaglio della rubrica Passaparola...buona visione!

mercoledì 6 maggio 2009

Brunetta proibisce Facebook agli statali




Il ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione annuncia l'installazione di un filtro che impedirà di accedere a Facebook dai Pc dei dipendenti pubblici.

E' Facebook il ricettacolo dei fannulloni italiani? Il più amato dagli scansafatiche? E' questa l'opinione del ministro Renato Brunetta.

Il ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione è entusiasta di Facebook, per i contatti che gli consente con l'elettore; ma la maggior parte degli accessi a Facebook, a suo dire, avverrebbero dai Pc dei dipendenti pubblici.

Per questo motivo il ministro Brunetta ha annunciato l'installazione di un filtro che impedisca agli statali di accedere dalle proprie postazioni di lavoro al popolarissimo network.

Alcuni enti pubblici avevano già in passato limitato l'accesso a Facebook: per esempio il Comune di Torino consente la navigazione libera sui social network solo per un'ora durante la pausa del pranzo.

Numerose sono anche le realtà private che hanno già proibito la navigazione su Facebook ai dipendenti, o installato dei filtri appositi.

Va anche detto che sono molti gli enti statali, dall'Arma dei Carabinieri all'Inps a Regioni e Comuni, che sono presenti da mesi su Facebook, offrendo servizi e news.

Un video dove il Ministro ci fa capire quanto ha capito della rete...



Fonte: ZEUS News - www.zeusnews.com - 06-05-2009

TV Americana - Divorzio Berlusconi (MSNBC)

Buongiorno a tutti.
Segnalo per chi nn lo avesse visto, un interessante servizio di Freedomanddemocracy, blogger scoperto nei meandri della rete... E' un servizio commentato dallo stesso Freedomanddemocracy, nel quale potrete vedere come un telegiorale americano ha trattato la notizia del divorzio di Berlusconi, soffermandosi, in primis sulle parole della moglie, in particolare quando parla di rapporti del marito con minorenni...
Il peso dato a questa parte di notizia è notevole, a differenza del peso dato dai nostri Tg, come sempre servi. Buona visione



E una vignetta emblematica della situazione: Il Lodo Veronica!!

lunedì 4 maggio 2009

Papi Silvio, Veronica e Noemi

Un altro video, questa volta divertente...ma non troppo!
Che schifezza ragazzi! Qualcuno deve fermarlo...

Un commento da Guru freedomanddemocracy

Ho trovato questo video su YouTube, lo trovo interessante, lo posto per tutti i visitatori del blog. Un personaggio interessante.

I Tg su Veronica e Silvio: vergognosi

Tg Rai



TG4 e il vergognoso Fede




Dei due video di SkyTg24 uno nn ha il codice accessibile su YouTube, quindi vi posto il link del video da vedere direttamente su YouTube.
http://www.youtube.com/watch?v=QhCJFlBFWkM

L' altro è questo



Rainews24 o almeno credo



Questi due, sono gli unici Tg che ne hanno parlato dicendo tutta la verità, meditate gente, meditate..

Infine posto l' intervento di Vittorio Zucconi sulla vicenda.

Politica under 18

Da oggi anche su L' uomo col Megafono potrete vedere l' intervento settimanale di Marco Travaglio con la sua rubrica "Passaparola". Questo blog segue il consiglio e passaparola...fatelo anche voi!!
Un saluto e buona vivione
Cristiano M. Morales

La dura vita del disinformatore

Messico: la recita che i media nascondono sul virus

In Messico quella che noi chiamiamo “mascherina” si chiama anche “tappabocca”. E i messicani, che in 5.000 anni di rigogliosa storia ne hanno viste di carestie, guerre ed epidemie indotte, fin da quella dei conquistadores, non hanno perso né la capacità di riflettere né la lingua tagliente e non si fanno tappare la bocca neanche dalla presunta nuova pandemia. A Città del Messico, poco dopo la scossa di terremoto dell’altro giorno girava (ovviamente di bocca in bocca) una battuta fulminante: “Cos’ha detto il Messico all’influenza? Uuuhhh, guarda come tremo”.
Oramai sembra evidente che i numeri delle prime ore, complice l’effetto valanga del sistema mediatico mainstream locale (Azteca e Televisa, un duopolio privato che il nostro a confronto è zucchero) e internazionale, erano stati gonfiati e i morti, che per un breve momento erano saliti per bocca dello stesso presidente Felipe Calderón a 159, sono stranamente precipitati ad appena una ventina.
Una ventina concentrati un una megalopoli di venti milioni di abitanti, dove una dozzina di decessi vengono dai quartieri più poveri e in un contesto dove qualunque influenza che si rispetti fa un numero di vittime ben maggiore. Dopo l’antrace e l’aviaria anche la suina, ribattezzata influenza A o H1N1 per neutralizzarne il nome (si dice su ordine della multinazionale della carne suina Smithfield Food Inc.), sta retrocedendo dalla categoria di “pandemia” a quella di psicosi indotta dai media e dal governo.
Quello che è più preoccupante è che far paura ai cittadini oramai è considerato, non solo in Messico (vedi allarme immigrati e sicurezza in Italia o la guerra al terrorismo di Bush), una normalissima e accettabile pratica di governo. Per muovere l’opinione pubblica, spostare voti, far passare per accettabili politiche vergognose “l’allarme è necessario”. Lo ha ammesso con candore, davanti a centinaia di giornalisti, non un pubblicitario pentito ma il dottor Miguel Ángel Lezama, il massimo responsabile messicano per la vigilanza epidemiologica, quasi un Bertolaso messicano. Diffondere l’allarme mondiale, la vera pandemia è nelle teste, è stato “una manera de actuar” per impedire la diffusione del virus laddove in castigliano “actuar” può voler dire “agire” ma anche “recitare”.
Emerge così la sensazione di avere assistito ad una recita per la quale l’informazione ufficiale utilizza i media (che a seconda del contesto reagiscono in modo pavloviano amplificando ogni informazione allarmante e cancellando quella rassicurante, o viceversa) per diffondere un preciso messaggio. E’ una maniera corretta di agire quella di Lezama e Calderón? Loro lo dicono apertamente: “se non avessimo fatto così i morti non sarebbero 20 ma 3.000”. Non solo, come ricorda Julio Hernández López su “La Jornada”, all’entrata nel ministero della Salute non si trova nessuno che porti una mascherina e lo stesso Lezama non ha difficoltà ad ammettere alla stampa che il tappabocca sia del tutto inutile (poi la stampa dimentica di dirlo) ma che è stata distribuita a milioni di messicani per tranquillizzare (effetto placebo) quella stessa opinione pubblica che il governo ammette di aver voluto terrorizzare. E’ la stessa tecnica di chi in Italia ha inventato un allarme criminalità che nei dati non esiste per poi mandare l’esercito in strada davanti al Colosseo e ai monumenti o permettere le ronde dei cittadini per far credere che il governo agisce (o recita).
Non c’è la controprova che con la paura il governo messicano abbia davvero evitato migliaia di morti ma resta il dubbio che se in questi anni avesse investito in un sistema sanitario migliore e in uno educativo capace di produrre cittadini più consapevoli avrebbe ottenuto risultati migliori. Ma soprattutto la domanda è: mentire, allarmare, terrorizzare, Shock and awe, è una maniera democratica di governare? Giovanna Botteri, corrispondente da New York della RAI, inviata in questi giorni in Messico (che fa infotainment registrando i servizi per il TG con la mascherina appena un po’ calata) si preoccupa in ogni singolo servizio di spiegarci che il turismo messicano è fottuto per anni. Non è così, in fondo la gente continua ad andare in Egitto nonostante il rischio attentati e sta già tornando a Napoli nonostante la vergogna dei rifiuti sia stata messa in piazza in tutto il mondo per motivi politici per poi far credere che fosse stata risolta magicamente dal governo Berlusconi. Le Piramidi, gli scavi di Pompei, Tenochtitlán o i murales di Diego Rivera non possono essere incatenati a lungo da una quarantena mediatica.
Di sicuro però il turismo in Messico, fondamentale risorsa di un paese in crisi strutturale da un quarto di secolo con 12 milioni di emigrati e 40 milioni di poveri, subirà un gravissimo contraccolpo. Possibile che il governo Calderón sia così pazzo da giocare col turismo con tre milioni di immigrati che stanno tornando dagli Stati Uniti espulsi dalla crisi prima che da leggi migratorie inumane e ai quali proprio non si sa cosa far fare tanto che il Cardinale primate Norberto Rivera invita a pregare per loro?
Riavvolgiamo il nastro. Il 16 aprile 2009, sembra un secolo ma sono passate appena due settimane, Barack Obama viaggiava per la prima volta in vita sua in Messico e in America latina. Come abbiamo dato conto in Giornalismo partecipativo e Latinoamerica, l’incontro con il neopresidente statunitense per Felipe Calderón andò malissimo. Laddove il presidente messicano si aspettava di poter coinvolgere Obama in un contesto nel quale i problemi principali del Messico, il narcotraffico, la crisi economica, l’emigrazione (che hanno come detonante il trattato di libero commercio in vigore dal 1994) fossero cogestiti come questioni bilaterali, Obama rispondeva assumendosi alcune responsabilità ma rimanendo fermo nel mantenere il pieno controllo su temi che considera fatti interni statunitensi (in primo luogo la gestione dell’immigrazione) disinteressandosi di altri problemi drammatici a Sud della frontiera. Il governo messicano, soprattutto un governo di destra come quello del PAN guidato da Calderón, ha le mani legate. Non può e non vuole modificare il modello economico che sta affondando il paese, non sa combattere il narcotraffico (col suo corollario di corruzione dilagante) se non mostrando una militarizzazione del territorio senza speranza, non riesce a cogestire con gli Stati Uniti la questione migratoria per ottenere condizioni più umane per quei milioni di messicani usa e getta che lavorano oltre frontiera.
A un mese dalle elezioni parlamentari non si sa chi avrà voglia di partecipare, sfilare, assistere a comizi in mascherina. Di sicuro nessuno da giorni parla più del narcotraffico. Le migliaia di morti veri, quella della guerra civile dei narcos, i cadaveri decapitati, i regolamenti di conti, sono completamente oscurati dall’epidemia. E i problemi sociali? La povertà, l’esclusione che si è solo appesantita con il PAN al potere? I soldati in giro a migliaia servono solo a regalare mascherine o sono l’unica maniera per regolare la febbre messicana che non è il virus ma il conflitto sociale sempre sul punto di esplodere? Perfino i problemi migratori possono essere accettati. Chi criticherebbe oggi Obama se chiudesse le frontiere rimandando sine die qualsiasi misura che alleviasse la condizione di milioni di disperati? Perfino quelle imprese chiuse per decreto, quegli imprenditori che non sanno più bene perché non stanno lavorando, quella vita paralizzata, quella mazzata sul turismo servirà a drogare in peggio e mescolare le carte dei dati economici dell’unico paese latinoamericano già in recessione. E alla fine il governo che “actúa” (che agisca o reciti poco importa), che fa (e i media si incaricano di offrire spazi infiniti come per il nostro presidente operaio) contro un’epidemia quasi fantasma tranquillizzando i cittadini con mascherine placebo, dalla presunta pandemia non ha che da guadagnarci.

Se fossimo in America...


Il ritornello è noto. E pure un po’ logoro. Marco Travaglio, per esempio, lo ripete spesso: se fossimo in America, i politici pescati con le mani nella marmellata si dimetterebbero al volo. Beppe Grillo, invece, ha cantato la stessa solfa qualche settimana fa a proposito di certi “prenditori” nostrani: negli Stati Uniti, Tanzi si sarebbe beccato 25 anni di galera. Mentre Michele Santoro, ex maoista ed ex penna di “Servire il popolo”, ci ha messo la classica ciliegina sulla torta. In occasione del terremoto in Abruzzo, pure lui, dagli schermi di RaiDue, ha rispolverato lo stesso refrain: fossimo in America, anzi in California, i soccorsi li avrebbero organizzati meglio. Parole che hanno dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la caduta del muro ha sgretolato anche le certezze dei comunisti che furono. Ma non certi luoghi comuni sull’esistenza di una sorta di paradiso a stelle e strisce.

Eppure: se fossimo in America, forse ieri avremmo letto il New York Times. E ci avremmo trovato ben poco da stare allegri o di cui essere orgogliosi. E infatti, a quanto pare...

il ministero del Tesoro del governo Obama ha inviato al Congresso, ovvero al Parlamento americano, una bozza di legge nuova di zecca. Materia: banche e istituzioni finanziarie colabrodo. Obiettivo: dare più poteri al governo per iniettare quattrini (dei contribuenti) nelle banche e nelle istituzioni finanziarie di cui sopra. Unico neo: la copia elettronica della legge in questione recava, stranamente, l’impronta dei computer dello studio legale Polk&Wardwell. Che sempre, stranamente, rappresenta molte banche e lobby di quell’industria finanziaria che dall’inizio della crisi dei mutui subprime ad oggi ha già succhiato trilioni (cioè migliaia di miliardi di dollari) dalle tasche dei soliti contribuenti americani poverazzi. Ma davvero, davvero? Oh-yeah.

Ma il bello - o il brutto - è che se fossimo in America, leggendo ieri il New York Times, non ci saremmo neppure stupiti più di tanto. Anzi: avremmo avuto l’impressione di un mezzo déjà vu.

Da bravi cittadini informati, infatti, ci sarebbero venute in mente le gesta di un signore chiamato Henry Paulson Jr. Che fino a pochi anni fa era amministratore delegato di una delle più grosse banche americane, la Goldman Sachs. E che poi - nel 2006 e per coincidenza - è diventato ministro del Tesoro dell’allora presidente Bush. Perchè ce lo saremmo dovuti ricordare? Perchè, guardacaso: Paulson - sempre per coincidenza e nel pieno della crisi dei mutui subprime (ad autunno 2008) - aveva pensato bene di mettere a punto una legge chiamata Tarp (sigla che sta per Trouble asset relief program). Materia: le solite banche e istituzioni colabrodo. Obiettivo: prendere 700 miliardi di dollari dei soliti contribuenti poverazzi e darli in mano a banche e istituzioni finanziarie di cui sopra. Unico neo: i contribuenti poverazzi per ora non hanno tratto grandi benefici da questo investimento. Ma, per esempio: Goldman Sachs - l’ex banca dell’ex ministro - sì. Perchè si è beccata 10 dei 700 miliardi di cui sopra. Più altri quattrini, sempre provenienti dalle tasche dei soliti contribuenti, ma passati attraverso le casse del gruppo assicurativo American international group. Esattamente i danari che aveva bisogno per evitare il fallimento. O la nazionalizzazione.

Risultato: fossimo in America, avremmo come l’impressione che banche e banchieri siano riusciti, per ora, nell’impresa di cadere in piedi. Ma con aiutini non proprio disinteressati e a spese degli altri. E per certo: sentiremmo l’odore sgradevole di quello che in italiano si chiama conflitto di interessi. Anzi, quella puzza la sentiremmo da un bel pezzo. Addirittura: fin dai tempi dell’amministrazione Clinton (quella, per la cronaca, di Clinton Bill, non di Clinton Hillary). Cioè dai lontani anni Novanta.

domenica 3 maggio 2009

Sky tg 24: Veronica conferma all' Ansa: divorzio da Berlusconi

L' Ansa da' la notizia con il dubbio, temono qualcosa?

L' Ansa si defila e scarica la responsabilita' su Repubblica e la Stampa.
Questa e' la prima agenzia di stampa figuratevi le altre...
Al TG4 parlano di Berlusconi che invita alla calma, niente panico per la febbre da epidemia.
Al tg4 avranno una febbre da cavallo....Con tanto di panico.
E' tanta la paura del regime che hanno la fibrillazione da informazione propio nella giornata internazionale della liberta' di stampa.
Poi dicono che non e' un regime.


venerdì 1 maggio 2009

Direttiva UE minaccia la Rete e non solo






Scritto da Vittorio Zambardino su Pressante.com
Giovedì 30 Aprile 2009 00:00

L'emendamento D'Alia, che rischiava di imbavagliare la Rete in Italia, è stato abrogato. Ma il nuovo pericolo arriva dall'Europa.

C'è una lettera molto lunga, mandata qualche giorno fa al parlamento europeo. Si trova sul sito di AssoProvider. E' in inglese e usa un po' di gergo. Può sembrare uno di quegli allarmi da sesso degli angeli, di cui interessa qualcosa solo agli specialisti. E invece è una cosa molto urgente, molto seria.
I firmatari chiedono ai parlamentari di pensarci bene prima di votare la direttiva "Telecoms Package", ormai in fase di approvazione. Perché con quel testo - dicono - c'è il rischio di approvare anche una sorta di apartheid elettronica che apparentemente riguarderà i dati, cioè le cose inanimate. Ma poi avrà a che fare con le persone. Ecco di cosa si tratta.

Facciamo un passo indietro che ci aiuta a capire. A metà del mese di aprile, T-Mobile, la grande azienda di telefonia cellulare tedesca, una delle prime al mondo, ha comunicato ai suoi utenti che l'utilizzazione di Skype per chiamate in "voice over IP" dal cellulare sarà fortemente limitato.

Ecco, la direttiva Telecoms package promette di produrre effetti simili a questo e su un ampio arco di servizi. Perché alcuni emendamenti daranno ai gestori telefonici il potere di modificare le condizioni nelle quali usiamo le applicazioni più comuni.

Così Guido Scorza, giurista e presidente dell'istituto per le politiche dell'Innovazione, uno degli organismi firmatari della lettera: "Bisogna immaginare il gestore di un autostrada che a un certo punto decida di incolonnare tutte le auto gialle su un casello e tutte quelle rosse su un altro. E che decida di far andare le auto gialle al doppio della velocità di quelle rosse. O di dare la precedenza a quelle che portano il suo marchio, quello del gestore, perché sono le 'sue' auto".

Fuor di metafora, Scorza intende dire che l'accesso a Facebook, per fare un esempio, potrebbe essere reso relativamente più lento rispetto a quello di un film che viene venduto dallo stesso fornitore di accesso. Oppure questi potrebbe porre limiti quantitativi all'uso di servizi non collegati alla propria offerta o ritenuti marginali. O ancora: che una volta violata la parità tra tutti i diversi servizi, potrebbero esserci offerte commerciali tese a risolvere il problema creato dallo stesso comportamente del provider: dammi 2 euro per avere Facebook più veloce oppure "più collegamento" a Facebook. E il bello è che sarebbe tutto legale.

"Se la direttiva passa - aggiunge Scorza - il diritto ad accedere ad ogni genere di informazione, il diritto ad utilizzare qualsivoglia tipo di applicazione attraverso la Rete che i 'netizen' hanno sin qui ritenuto di avere nonostante frequenti violazioni da parte di taluni ISP verrà limitato 'per legge'. A quel punto che il provider 'scelga' cosa far vedere, leggere e sapere ai suoi utenti non costituirà più un aspetto patologico ma la regola, un po' come avveniva ieri nell'era della vecchia e cara TV, nella quale pochi padroni dell'etere decidevano chi ci teneva compagnia a pranzo, con chi avremmo dovuto cenare e dinanzi a quale salotto ed ascoltando quali idee avremmo dovuto addormentarci. Si tratterebbe solo di 'variazioni dell'offerta commerciale': meno informazione e più intrattenimento o, magari, meno politica e più gossip."

Fin qui Scorza. Che tutto ciò rappresenti una palese infrazione di quella sorta di "par condicio" dell'accesso internet, che va sotto il nome "neutralità della rete", sembra ai firmatari della lettera fuori discussione. E sembra anche foriero di ulteriori gravi violazioni.

1° Maggio, una festa da nn festeggiare!!

Oggi è il 1° Maggio, festa dei lavoratori, festa di sinistra, festa che nn ha più ragione d' essere.
La prima ragione sono i morti che ogni anno affliggono il mondo del lavoro, la seconda ragione è lo scarso valore che viene dato oggi alla "forza lavoro" di ogni individuo, cosicchè abbiamo persone senza merito che arrivano in alto e guadagnano bene, anche troppo, mentre altre persone, nonostante abbiano un grandissimo senso del dovere e una grande dedizione, non riescono ad inserirsi stabilmente nel mondo del lavoro e a far valere davvero quella che è la loro "forza lavoro".
Questo perchè il lavoro nel mondo di oggi, nn è più emancipazioone e consapevolezza del proprio ruolo nella società, bensì una merce di scambio, sottopagata e che porta alla depressione dell' individuo e al suo annullamento. C' è bisogno di cambiare mentalità, ricominciare a leggere Marx, applicando la sua filosofia scientifica ed economica, senza cadere nel totalitarismo ma, accettando che qualsiasi forma di governo sociale, anche la democrazia, sfoci, volente o nolente, inevitabilmente perchè siamo umani, nella dittatura di se stesso. I lavoratori, potranno festeggiare un vero 1° Maggio, il giorno che smetteranno di chiedere lavoro e incominceranno a chiedere salari migliori, diritti per tutti e finchè nn sapranno quanto vale davvero la loro "forza lavoro".
P.S.: Meno male che il PD nn ha invitato Il Nano a partecipare anche al 1° Maggio.
In ogni caso, auguri a tutti i veri lavoratori.
Cristiano M.